Finché sorte non vi separi

Ultimamente varie persone mi invitano imperterrite ai loro matrimoni pur sapendo che sono un orso, che mi sposto da casa mal volentieri, che avere più di sei o sette persone attorno mi da’ un po’ di agitazione e soprattutto che per estraniarmi da tutto questo berrò fino a vomitare sulla torta nunziale e diventerò il principale ricordo del felice evento.

Tante persone tra l’altro. Da non crederci. Pare sia diventata l’attività principale della gente che conosco. Ho il timore di rispondere al telefono per paura che sia un invito a qualche matrimonio. Ogni volta che sto per pubblicare ‘sto post qualcuno mi invita a un matrimonio. Allora penso vabbé non lo pubblico, altrimenti poi magari pensano che mi riferisco specificatamente a loro… e appena mi pare sia passato il giusto tempo e sto per cliccare su publish mi invitano a un altro matrimonio!

Quando mi arriva la voce che qualcuno ha intenzione di sposarsi incrocio le dita e penso “Cazzo, speriamo che non mi invitino”. E invece mi invitano! Sono antipatico e merdoso e mi invitano sempre. Ma non invitatemi, tranquilli, non mi offendo. Poi ovviamente se non mi invitano penso: che bastardi, pezzi di merda, chi sono la figlia della serva? Ma queste sono le contraddizioni umane delle quali parlerò in un altro post nel 2019.

Il motivo principale per cui non amo andare ai matrimoni è il vestito bello. Io sono sempre vestito come uno straccione, quindi se mi invitano a un matrimonio devo comprarmi un abito da parata. Poi, non potendo usare sempre lo stesso vestito ad ogni matrimonio e vestendomi, come detto, da straccione, quell’abito lì ha finito di esistere e lo devo regalare ai drogati del don Carlo per non buttarlo via.
Don Carlo è un prete del mio paese che cerca di recuperare i drogati che stanno in un carcere. I doni sono sempre bene accetti e io gli do i vestiti che dismetto dai matrimoni. Quindi i drogati sono tutti vestiti come se andassero a un matrimonio, invece vanno a prendere il metadone al sert. Fanno capannello fuori dal sert tutti vestiti in giacca e cravatta e la gente si ferma a guardare se per caso c’è qualche inaugurazione di un locale trendy con salatini e free drinks al seguito, che attirano sempre molto. Invece ci sono dei tizi in giacca e cravatta che hanno la faccia dei morti viventi e tutti ci restano un po’ male. Alcuni pur di non portare a casa della delusione entrano anche loro a prendere una dose di metadone gratis.

E’ vero che nel tempo si è fatta strada l’usanza del matrimonio casual. Ti mandano gli inviti con su scritto di andare lì tranz, in bermuda e infradito, non c’è problema, viva l’ammore, venite pure sciolti che si fa una grande festa ballando scalzi nei prati al suono dei bonghi. Tu allora ti presenti in jeans e t-shirt e ci sono i parenti fighetti e gli amici fighetti e i camerieri che sono più eleganti di te e tutti pensano: “Ma chi è questo stronzo?”.

Indi, l’usanza del matrimonio casual è pressoché inesistente e anzi ti mette maggiormente in crisi perché pensi: “Vabbé, ma mica posso andare lì con l’abito Armani che poi sono tutti in jeans e sandali da vero alternativo”. E pensi: “Sì, ma se poi vado lì in jeans e sandali da vero alternativo e sono tutti vestiti come Gordon Gekko?”. E quindi devi sbatterti a pensare a un vestito finto casual, finto ho messo su la prima roba che avevo nell’armadio spero sia pulita, finto economico che invece costa un boato.

Poi c’è il regalo, che va fatto di una cifra che sia almeno uguale o maggiore al costo che dovranno sostenere gli sposi per il mio posto al ristorante. Diciamo cento euro. Vado nel negozio dove gli sposi hanno fatto la lista di nozze. I regali con un costo uguale o leggermente inferiore/superiore ai cento euro sono già tutti presi. Anche se vado lì presto. Probabilmente i più scafati si mettono in fila di primo mattino attendendo che apra il negozio, come quelli che sono fuori in coda dall’Uba Uba quando fa i saldi. Da cento euro sono rimaste due o tre cose minuscole: un apribottiglie per mignon, un soprammobile piccolo a forma di molletta, un’antipastiera… Oppure i pezzi singoli di qualche servizio: la paletta da dolci molli, il mestolo del brodo. Quelli che poi quando gli sposi vanno a guardare i regali dicono fra di loro ad alta voce: “Voglio proprio vedere chi cazzo è che ha preso la paletta da dolci molli”…

Per fortuna ci sono i regali cumulativi: il servizio di posate, di piatti, di bicchieri, il viaggio di nozze… ti compri la tua quota e ti levi il pensiero. Qualche posto libero c’è sempre anche grazie a quelli che non scelgono i regali della lista nozze perché fanno schifo. Incredibile? Ma vero. Vanno al negozio, guardano gli oggetti che gli sposi HANNO SCELTO PERCHE’ GLI PIACEVANO e dicono: “Madonna, che cose orribili, gli scelgo un regalo a mio gusto!”. Non sei immune dai regali merdosi nemmeno quando te li scegli tu.

Così per andare a mangiare della roba che mi piace poco in mezzo alla confusione e avanzare nel piatto dalla terza portata, spendo mille euro. Poi se devo uscire con la fidanzata vado in pizzeria perché bisogna risparmiare.

Qui si apre anche la parentesi dell’amico ritrovato. Perché nonostante quanto ho appena vergato, tutto sommato mi fa piacere condividere questi momenti di gioia con i miei amici che si sposano. Però, cazzo, a tutto c’è un limite. Considero amici quelli con cui si è rafforzato un legame nel tempo, breve o lungo che sia, non il mio compagno delle elementari che adesso è seduto al tavolo con la futura moglie a dire: “Quindi per ripagarci il viaggio di nozze nel fantastiglioso eco lodge di Kalpitiya quanti invitati ci servono? Potrei invitare quel coglione di Matteo, te lo ricordi? Abita a 680 chilometri da qui, sull’Appennino, quel posto che prima che ci andasse lui era meta vacanziera per ricchi e adesso è Emergenza Tornado Emergenza Terremoto Emergenza Frane. Sicuramente non viene, ma magari la quota per il viaggio la paga lo stesso, che dici?”

“Pronto?”

“Ciao, sono Felice Schiuma, ti ricordi di me?”

“Mmm…”

“Ma si dai, eravamo culo e camicia alle elementari, una volta abbiamo anche fatto quello scherzo a coso, come si chiama, con l’inchiostro nelle mutande, che poi…”

“Ah sì, mi ricordo.”

“Senti, io mi sposo con Luisella il mese prossimo, e ci terrei veramente tanto…”

“Ma Luisella chi?”

“Non la conosci, è di Vergate sul Membro, ma non vedo l’ora di presentartela al mio matrimonio, perché ci vieni, vero?”

“Ma, veramente… Cioé io non credo di poter venire. Però è come se fossi lì, lo giuro, sono felicissimo per te e…”

“Senti, io però vorrei mandarti lo stesso la partecipazione, ci tengo veramente tanto a farti partecipe.”

“Ah, bé, ok, certo.”

“Dentro c’è anche il link per la nostra lista nozze online, facciamo un viaggio nello Sri Lanka, si può pagare direttamente sul sito con carta di credito o anche con PayPal o fare un bonifico. Cioé, chiaramente non devi sentirti obbligato, solo se ti fa piacere.”

In aggiunta al tutto io ho questa malattia piuttosto grave e che mi rende sgradevole ai più: sono vegetariano. Da ragazzino tutti a dirmi: “Mangia la verdura”, “Devi mangiare la verdura”. Una palla totale. Nonna, mamma, medico. Una cantilena di verdura. Appena sono diventato vegetariano, tutti a dirmi: “Ma che cazzo mangi la verdura, mangia la carne”, “Ma come, niente carne?”. Tutti. Nonna, mamma, medico. Quindi, un trucco per gli adolescenti: dite di essere diventati vegetariani. “Mamma, sono diventato vegetariano e questa sera vorrei pasta e ceci”. “Macché, eccoti un deca, vai a sfondarti da McDonalds”.

E comunque: da vegetariano ti danno le tue brave verdure grigliate che le hanno fatte apposta per te e muori, stronzo, questo è il nostro matrimonio e dobbiamo interessarci alle tue esigenze finto-animaliste del cazzo. Antipasto verdure grigliate, primo verdure grigliate, secondo verdure grigliate e dolce una mela. Perché quando dici di essere vegetariano c’è un traduttore simultaneo in qualche parte del cervello che fa sentire ai tuoi interlocutori: “Io mangio solo della merdosa verdura alla griglia, o insalata”.
“Ah ma sei vegeteriano? E quindi? Cosa mangi? Insalata? Verdura grigliata?”. “No, mangio anche…”. “Ok, non c’è problema, diremo al ristorante di farti qualche verdura grigliata.”
Si avvicina il cameriere con un piatto di pennette ai quattro pepi profumate e fumiganti, ti chiede “Gradisce delle pen…”. E gli sposi: “No, no, lui è vegetariano!”. “Oh, mi scusi, le porto subito della verdura grigliata”.

Il ristorante è sempre in un posto che per qualche ragione io non riesco a trovare al primo colpo. E dire che ho un discreto senso dell’orientamento. Se mi bendassero e mi portassero nel maledetto nulla io riuscirei a tornare a casa in un tempo ragionevole. Eppure, quando si tratta del ristorante degli sposi, un attimo prima sono dietro alla fila di macchine strombazzanti e un attimo dopo sono un coglione solitario che cerca disperatamente “il bellissimo ristorante in un castello che abbiamo scelto per il nostro pranzo, che ha un giardino fa-vo-lo-so con dei pavoni liberi di andare in giro a fare la ruota” e quel verso inquietante da teste di minchia vanitose.

Anche l’utilizzo del navigatore si rivela una vana speranza. A volte con il navigatore capita. Ti fa arrivare nel buco del culo del mondo e poi con la sua vocina metallica te la scarica su di te: “Se possibile, invertire il senso di marcia”. Ma brutto cazzone, perché m’hai portato fin qui se adesso devo invertire il senso di marcia, non potevo stare dov’ero? Io poi l’ho comprato che era in offerta speciale e mi sa che comprende solo le mappe delle strade del cazzo. Se c’è una strada del cazzo, sto tranquillo che il mio navigatore me la fa fare. Giorni fa siamo andati a trovare degli amici passando per delle mulattiere che i caprioli venivano fuori a guardarci con la faccia di chi vede una macchina per la prima volta nella sua vita. Posti inesplorati da secoli.
Poi siamo arrivati tirando il fiato dopo 68 chilometri di guida sullo strapiombo e tutti ci fanno: “Ah, ma non siete passati dalla superstrada a 9 corsie, quella che ha l’uscita qui sulla porta di casa nostra?”.

Al ristorante non conosco la maggior parte delle persone e finisco sempre in qualche tavolo a sorridere stancamente a gente che probabilmente non vedrò mai più nella vita e che si sente obbligata a rivolgermi la parola. I primi tempi era diverso. Anche se dimostro nove anni e vivo come se ne avessi dieci, vago sul pianeta da un po’ e ho amici che si sono sposati tipo quindici o più anni fa. Allora si era ancora tutti piuttosto giovani e in una compagnia di parecchie persone. Ai primi matrimoni quasi tutti gli amici degli sposi erano anche amici tra di loro, poi siamo (sono) diventati tutti più grandi, ognuno ha preso la sua strada e adesso l’antico gruppo di amici è sparpagliato per il mondo. Quasi tutte le persone che mi invitano hanno amici che non ho mai visto e parenti che non conosco e sono seduto in questi tavoli che mi sembra di essere in balera alla Sagra dello Gnocco Fritto quando è pieno e c’hai fame e allora ti siedi dove capita. Mi parlano per educazione e non so mai che cazzo dire e allora dico , , , … sperando che si alzi in piedi il classico zio ubriaco che ha una poesia scritta da lui medesimo in onore degli sposi, che è sempre un bel momento.

Nella classifica dei bei momenti lo zio ubriaco con la poesia vince senza gara, poi ci sono i tizi che portano alla sposa le varie vivande fatte a cazzo, tipo il pane a forma di pene, la banana con le albicocche a formare una fava e via di altre delicatezze e infine la macchina degli sposi addobbata con vignette di dubbio gusto, barattoli legati dietro e riempita di goldoni gonfiati a palloncino.

Un matrimonio al quale sarei andato molto volentieri, invece, è questo:

Cose mie, Uomini & Donne